sabato 8 settembre 2012

Internet Governance, questa sconosciuta

Da qualche anno, ormai, il tema dell’Internet Governance è uscito dalla cerchia ristretta degli addetti ai lavori e ha cominciato a interessare un pubblico più vasto, anche se occorre percorrere ancora molta strada perché il tema possa coinvolgere ed appassionare l’opinione pubblica.

Eppure i motivi non mancherebbero, dato che la governance globale di Internet, ovvero la questione di chi governa la rete, è un problema che riguarda tutti, perlomeno tutti coloro che si interrogano su quanto sia democratico il mondo digitale e come contribuire a farne uno spazio aperto e pubblico.

Che cosa significa, prima di tutto, “governare la Rete”? E perché qualcuno dovrebbe farlo?

Siamo stati purtroppo educati a pensare che la Rete sia un territorio anarchico, una realtà decentrata che unisce in modo paritetico tutti coloro che ne fanno parte. Questo è falso dal punto di vista topologico (esistono al mondo 13 server più importanti degli altri, 10 collocati negli Stati Uniti, uno in Gran Bretagna, uno in Svezia e uno in Giappone) ma è falso anche dal punto di vista gestionale: esiste un’istituzione ben precisa, chiamata ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers), la cui funzione è quella di decidere l’assegnazione dei nomi di dominio dei siti internet e di essere l’unica depositaria dei codici e dei protocolli che ci permettono di collegarci a un sito internet piuttosto che a un altro.

Si tratta di un’istituzione di importanza vitale, una sorta di torre di controllo che provvede a instradare le richieste di accesso alla Rete. Se venisse a mancare, la Rete farebbe in breve tempo la fine di un aeroporto la cui torre di controllo si spegnesse improvvisamente.

ICANN, è bene ricordarlo, è un organismo con sede negli Stati Uniti e i cui organi decisionali operano negli Stati Uniti, sebbene dal punto di vista giuridico sia considerata un istituto non profit: ma attorno a ICANN ruota un’immensa varietà di attori, dalle autorità nazionali di registro alle aziende di telecomunicazioni, dagli organi incaricati di definire i protocolli a gruppi appartenenti alle Nazioni Unite. Ciascuno è portatore di interessi ben precisi, sia dal punto di vista economico che politico, e tali interessi purtroppo non sono chiaramente esplicitati e valutabili dall’opinione pubblica.

La Rete sta crescendo rapidamente, e nuove soluzioni vengono di volta in volta studiate per far sì che una tale crescita avvenga nel segno dell’equità, della giustizia e del libero accesso: ma come è possibile conservare simili propositi di fronte alle inarrestabili spinte commerciali, che tendono a fare della Rete uno spazio chiuso e a pagamento? Come mantenere il proposito dell’apertura della Rete di fronte a Stati e governi che fanno ampio uso di filtri e tecniche raffinate di cyber censura?

Tanto più che, negli ultimi anni, è andato crescendo, lentamente ma decisamente, un movimento di Paesi (tra i quali Russia e Cina) che desidererebbero attribuire alle Nazioni Unite (in particolare all’ITU International Telecommunications Union) le funzioni ora spettanti a ICANN. È evidente il rischio che paesi fortemente autoritari possano manovrare le leve di comando per legittimare la repressione in Rete e farne uno spazio chiuso e strettamente controllato dai governi.

E non mancano, in quella finora esigua parte dell’opinione pubblica sensibile a questi problemi, coloro che appoggiano una simile iniziativa, sostenendo che il passaggio di consegne alle Nazioni Unite possa offrire garanzie di democraticità e di trasparenza maggiori di quelle fino ad oggi offerte da ICANN.

Il dibattito è molto lungo e complesso, e ci ritorneremo prossimamente su questo blog. Per il momento vi segnalo in link un approfondimento molto interessante a queste tematiche.

The Brewing Internet Governance Storm